ACCADEMIA DEI NOBILI SENSI
Il sigillo dei Nobili Sensi è il prestigioso premio assegnato annualmente nelle varie categorie dall’Accademia Dei Nobili Sensi per premiare e far conoscere le eccellenze italiane nel mondo. I prodotti dell’agricoltura, le specialità enogastronomiche, le realizzazioni dell’artigianato e dell’industria, le opere intellettuali e le iniziative sociali di rilievo, selezionate da un’apposita commissione istituita annualmente con personalità di alto profilo culturale e sociale, potranno partecipare all’assegnazione del premio di categoria ed esporre su etichette, decalcomanie e confezioni il sigillo dei Nobili Sensi. Un sigillo di qualità e di autenticità che diviene un brand immediatamente riconoscibile e che connota l’elevata qualità del prodotto e i valori di bellezza, cura dei dettagli e del gusto squisito di cui è espressione. Una garanzia e una vetrina privilegiata per aprire e conquistare nuovi mercati.
Gli Ambasciatori del Gusto Italiano
Sin dal tempo dell’Impero Romano è stata costante l’influenza culturale che il Bel Paese ha esercitato sull’intera Europa, attraverso la Chiesa cattolica e l’indubbio primato economico, artistico e scientifico esercitato nel Rinascimento. Un magistero intellettuale che si è espresso non solo in termini di idee, ma che ha investito il costume e il gusto degli altri Paesi in modo significativo e indelebile fino ai nostri giorni.
L’irradiazione dell’Italia umanistica e rinascimentale avveniva per il tramite di stranieri che soggiornavano in Italia, ma anche di italiani che si stabilivano all’estero. Nelle Università di Padova e Bologna si sono formate le classi dirigenti europee e tra queste, figure intellettuali della statura di Janus Pannonius, Antonio de Nebrija, Juan de Valdés, Rudolf Agricola, Erasmo da Rotterdam, Willibald Pirckheimer, Johann Reuchlin, Ulrich von Hutten, Niccolò Copernico, Jan Kochanowksi, Guillaume Budé, Andrea Vesalio e William Harvey. Viaggiarono in Italia Rabelais e Montaigne, e vennero a perfezionarsi nella pittura Dürer, Rubens e Velázquez. Sin dal Cinquecento il viaggio di formazione in Italia era considerato normale per i nobili nordeuropei. In tedesco si chiamava Kavaliersreise, «viaggio del cavaliere», nelle altre lingue si definiva Grand Tour, un termine usato per la prima volta nel 1670 da un autore inglese, divenendo una tradizione e non solo per nobili rampolli. Vi sono comunque delle figure storiche di italiani che hanno inciso in modo significativo sui costumi del Paese che li aveva ospitati, agendo da veri e propri ambasciatori della cultura e del gusto italiano.
Tra questi emerge la figura di Caterina de’ Medici che, andata in sposa a Enrico II, con il suo seguito di cuochi fiorentini, introdusse l’etichetta e la cucina italiana alla Corte di Francia e, come ancora testimoniano gli italianismi gastronomici in uso oltralpe, a tutto il Paese. A cominciare dall’umanista Baldassare Castiglione, giunto alla Corte di Filippo II d’Asburgo nel 1595 in missione diplomatica e morto a Toledo nel 1629, la presenza di intellettuali ed artisti italiani era tanto massiccia da influenzare con il loro prestigio anche il vocabolario spagnolo. Non aveva torto José de Sigüenza dal 1575 bibliotecario del re, che si lamentava per l’impossibilità di fare a meno di neologismi italiani durante una comune conversazione, affermando: «pues todo vino de Italia».
In Inghilterra, dove persino la Regina Elisabetta parlava fluentemente l’italiano, il passaggio di Giordano Bruno e la presenza del suo amico John Florio, furono decisivi per l’avvio del Rinascimento inglese. Figlio di Michelangelo, esponente di primo piano della Riforma protestante e insegnante di lingue dei figli di Enrico VIII, John fu un determinante “go-between” tra le due culture. Aveva l’ambizione, come lessicografo e scrittore, di poter diventare per l’inglese ciò che Dante o Petrarca erano stati per l’italiano. Anche per questo, dopo aver scritto vari manuali di conversazione e aver tradotto una raccolta di proverbi italiani, un manuale di scherma, le novelle di Boccaccio e gli Essais di Montaigne, intraprese l’opera colossale di dare alle stampe il primo vocabolario organico di inglese-italiano. Per comprendere il linguaggio di Shakespeare, bisogna fare ancora riferimento al suo dizionario. Florio usava le stesse tecniche di composizione che usava Shakespeare, ma ancor prima che questi comparisse sulla scena. Nella vexata quaestio dell’autorship question shakespeariana, appare sempre più evidente che solo Florio avrebbe potuto scrivere le plays, attribuite per tradizione a un oscuro attore che a malapena sapeva vergare la sua firma e non conosceva, come invece il Bardo, l’Italia e gli italiani. Ma l’influenza della nostra cultura non si è fermata alla sola Europa. Grazie a figure come quelle di Matteo Ricci e del pittore Giuseppe Castiglione, l’Italia e ciò che meglio la rappresenta, è potuta giungere fino alla lontana Cina.
A noi come portatori del medesimo patrimonio di valori e di conoscenze, ambasciatori del “made in Italy”, tocca ripercorrerne i passi per far conoscere ed apprezzare le eccellenze del nostro territorio, la nostra sapienza nel valorizzare i suoi prodotti e i pregi indubbi del nostro stile di vita.
L’Accademia dei Nobili Sensi «καλòς κἀγαθός»
Per i greci il concetto di bellezza non era mai disgiunto da una connotazione morale positiva, come sinonimo di buono. In tempi di “relativismo”, dove i confini tra bene e male appaiono piuttosto sfumati, l’accostamento dei due termini non risulta sempre facile, ma non è possibile rinunciare impunemente all’equazione di bello uguale a buono che nella lingua di tutti i giorni si esprime con analoghe valenze. Da cosa nasce questa sovrapposizione e quasi identificazione di significato? Forse dal fatto che la bellezza non è fine a se stessa, ma comunica valori positivi, trasmette informazioni come lo stato di buona salute, di fertilità o di appetibilità.
Bellezza è anche benessere, secondo studi avanzati di medicina. Sembra infatti che la visione del bello agisca da analgesico sul cervello, diminuendo o annullando la percezione degli stimoli dolorosi. Se è vero che la fruizione della bellezza è comunque soggettiva, è altrettanto vero che la sua comprensione risiede tanto nell’osservato che nell’osservatore.
Il bello, per essere riconosciuto, deve risiedere anche nell’occhio di chi guarda, ma occorre vedere e non semplicemente guardare. Vedere implica un intervento di facoltà superiori che, maggiormente sono sviluppate e coltivate, meglio e più profondamente consentono di apprezzarla e goderne.
La ricerca di una definizione razionale e condivisa del termine investe da sempre ogni campo dello scibile. Filosofi, matematici e artisti, hanno investigato la natura da tempi immemorabili per comprendere le leggi che governavano le proporzioni e gli equilibri di quanto ritenuto bello. Il rapporto divino che se ne è tratto, noto come phi o sezione aurea, sembra ricorrere in natura oltre ogni coincidenza, tanto da venire attribuito al creatore dell’universo stesso, una costante universale, come conferma la moderna fisica delle particelle.
La bellezza è la rappresentazione del bene, dell’ordine rispetto al caos, della forma ideale a cui tendere, dell’utopia che costituisce il connettivo stesso della comunità civile. Non ci sarebbe difficile immaginare una vita migliore dove regni l’armonia e il buon gusto e le belle maniere, come le definivano un tempo. La forma è infatti anche sostanza. L’attenzione verso il prossimo, la buona educazione, la generosità, l’altruismo fino al sublime gesto dell’eroismo, dovrebbero informare tanto i comportamenti individuali che l’azione sociale e politica, se non in termini di etica, almeno di estetica. Nella nostra Società ogni cosa ha il suo prezzo, ma nessuna ha un vero valore. L’Accademia ha la sua finalità, come recita lo statuto, nella riscoperta e nella promozione di quei valori che costituiscono da duemilacinquecento anni, in continuità con il mondo greco e romano, l’impalcatura e l’anima stessa della nostra civiltà.
L’Accademia è una libera associazione apartitica, che non ha scopo di lucro e svolge attività di promozione culturale e utilità sociale. Si prefigge di tutelare il patrimonio artistico e culturale italiano in tutte le sue forme e di favorirne la conoscenza attraverso iniziative di recupero e restauro, di ricerca storica e scientifica. L’accademia intende, inoltre, promuovere e valorizzare le tradizioni agroalimentari, i prodotti e le eccellenze della cucina italiana, come espressione del costume, della civiltà e della nostra cultura. In altri termini, valorizzare le eccellenze del ”made in Italy” nelle arti, nei mestieri e nell’industria con idonee iniziative. L’Accademia potrà avviare e pubblicare studi, formulare proposte e varare iniziative, anche in collaborazione con Università, enti e associazioni pubbliche e private, istituendo e conferendo premi e riconoscimenti a chi opera per la crescita collettiva e individuale nella Società con abnegazione e talento.
Ulteriori informazioni
E’ possibile richiedere ulteriori informazioni al seguente indirizzo e-mail: segreteria@psb.world